Dopo dieci anni di dura e coraggiosa lotta con la malattia, domenica 3 marzo 2013 il Maestro Giampietro Savegnago, ottavo dan di Aikido, grande diffusore di questa splendida arte in Italia e nel mondo, ha lasciato il corpo. La notizia si è diffusa rapidamente nel mondo delle arti marziali e lascia un grande vuoto, ma anche un grande esempio di forza, determinazione e coraggio. Doti di cui c’è un grande bisogno oggi, e di cui i modelli tristemente scarseggiano.
Fu allievo di Sensei Kobayashi, conosciuto ed apprezzato tecnicamente per la sua modalità di movimento raccolto, essenziale, straordinariamente ricercato ed eloquente. Sensei Savegnago aveva fatto sua l’eredita del Maestro, l’aveva personalizzata e raffinata, ed aveva sviluppato una fluidità, una morbidezza ed una estrema presenza, che lasciavano soddisfatti e impressionati sia i “guerrieri” che i “pacifisti” nel mondo dell’Aikido. Diffuse con costanza e passione questa nobile arte marziale in Italia e in Europa, formando centinaia di allievi e numerosi Maestri, alcuni dei quali formarono a loro volta delle proprie Scuole, contribuendo così ad una ulteriore divulgazione dell’Aikido come auspicato da egli stesso e prima ancora dal suo Maestro Kobayashi Sensei.
Diceva dell’Aikido:
L’aikido è molto efficace ed esteticamente elegante, sembra che l’uso della forza non conti…«Esattamente, non c’è bisogno di forza perché si lavora su una concatenazione di movimenti sferici del corpo, che sono anche il principio dell’energia che la pratica produce. Aikido letteralmente significa “la via dell’armonia e dell’energia”, e non si pratica resistendo al colpo col corpo rigido, occorre imparare a utilizzare questa energia irradiante per andare avanti ed entrare nello spazio avversario. Per questo, come nel pugilato, è fondamentale il controllo del centro, in base al principio che non posso controllare l’azione se prima non ho controllato l’intenzione. La base dell’aikido è il contatto: questo è il punto di partenza dell’energia irradiante. Si lavora a sfera, utilizzando tecniche che riprendono cerchi che portano o alla chiusura – immobilizzazione o all’apertura – proiezione. È un gioco fra due forze che si contrappongono e le loro risultanti; si utilizza l’energia irradiante, la tecnica dirompente, e quando si arriva al contatto la forza si sprigiona provocando lo squilibrio del compagno.»
Quando se ne va un maestro come lui, è istintiva una riflessione sulla brevità della vita (aveva 59 anni) e sulle sfide che ognuno di noi quotidianamente è portato ad affrontare, ma soprattutto sul modo in cui affrontarle. Commentava il maestro Zulpo, tra i primi allievi di Savegnago e di Kobayashi poi: con un modello come lui davanti, anche le difficoltà apparentemente insormontabili diventano affrontabili. Le arti marziali insegnano a diventare ed a saper restare solidi, ad affrontare le cose con consapevolezza e crescente saggezza. Ogni esame che la vita ci propone, compreso quello di dan (cintura nera) è un momento per crescere. Se perdiamo l’occasione, abbiamo perso molto, perchè quelli sono i momenti in cui ci mettiamo in discussione. La morte stessa, al di là della tristezza, diventa un insegnamento.
Buon viaggio, Shihan Savegnago, il tuo messaggio ha toccato molti cuori.
Domo arigatogozaimashita Sensei.
Caldogno, 7 marzo 2013
Livio Zulpo e Luigi Zanini